Il regista: “Racconto la difficoltà a integrarsi nel mondo ma anche un aspetto dell’amore, quello tra due amici meno visibile al cinema”.

Girato tra la folla e con stile documentaristico: “La Nouvelle Vague è sempre stata un’ispirazione per me. Oggi grazie alla rivoluzione tecnologica potremmo realizzare il loro sogno”.

È stato presentato martedì 21 ottobre Fuori Concorso alla XXIII edizione di Alice nella città, il festival che si svolge in parallelo e in agreement con la Festa del Cinema di Roma, A SECOND LIFE diretto da Laurent Slama. Girato alla vigilia delle Olimpiadi di Parigi 2024, il film segue la vita di Elisabeth, un’americana ipoudente (interpretato da Agathe Rousselle) che si trova a fare i conti con il suo visto in scadenza e che accetta di lavorare come concierge di Airbnb pur di rimanere in Francia. Incontra poi Elijah (Alex Lawther), un californiano tranquillo e con lui attraversa Parigi nel bel mezzo della cerimonia di apertura delle Olimpiadi.

“In A SECOND LIFE – spiega Laurent Slama in un’intervista ad Alice nella città – mi concentro sull’esperienza della perdita dell’udito che crea barriere, distanza, stanchezza e incertezza. Avevo in mente questo soggetto fin dall’adolescenza – aggiunge – ma non ero ancora riuscito a realizzarlo. All’inizio l’avevo pensato diversamente, poi sette mesi prima delle Olimpiadi ho incontrato Agathe Rousselle e ho cominciato a lavorare alla sceneggiatura intorno a lei e questo è stato decisivo. In quel periodo poi stavo leggendo “Il lupo della steppa” di Hermann Hesse, un romanzo che mi ha fortemente ispirato, perché parla di un personaggio che ha difficoltà a integrarsi nel mondo e che è alla ricerca di un senso della vita”. 

A scandire il ritmo del film, ci sono i loro passi veloci, rumori metropolitani e suoni distorti causati dalla disabilità della protagonista. Voci, brusii e rumori fuori campo che disturbano i loro dialoghi o i loro monologhi interiori o fanno loro da contrappunto, mettendo in evidenza il senso di estraneità che li accomuna. Nel loro vagabondare da un quartiere all’altro, ripreso con uno stile quasi documentaristico, ricordano un po’ i personaggi della Nouvelle Vague che non agiscono, ma avanzano, camminano, errano per la città. Le loro passeggiate, riprese in primo piano rievocano quelle dell’americana Jean Seberg lungo gli Champs Elysées che strilla ‘Herald Tribune’. “La Nouvelle Vague è sempre stata un’ispirazione per me – afferma Slama – io sono anche un tecnico (ex montatore ed ex direttore della fotografia, ndr) e ho amato girare tra la folla e in città: lo trovo molto più realistico. Oggi – precisa – abbiamo la fortuna di poter godere di una rivoluzione tecnologica e di usare il cinema digitale, macchina da prese piccolissime, molto agili e leggere. Con le piccole telecamere possiamo realizzare il sogno dei registi della Nouvelle Vague ancor più di loro che comunque giravano con strumenti più pesanti. Amo il loro modo di scrivere film e di dirigerli: Godard ha girato gli ultimi film con una fotocamera e molti altri registi oggi potrebbero dirigerli così, invece si va nella direzione opposta, ed è un vero peccato”. 

I giovani protagonisti di A SECOND LIFE non sono mossi dal ribellismo dei ragazzi degli anni Sessanta, ma sono molto contemporanei nel loro isolamento, e rivolgono il loro sguardo verso l’interno, verso sé stessi, piuttosto che alla realtà esterna. Come un pittore impressionista lo sguardo di Elisabeth riproduce il mondo esteriore attraverso il suo punto di vista, una soggettiva straniante ed estranea. Non a caso il regista applica una corrispondenza tra la quasi cecità di Monet e la quasi sordità di Elisabeth, inframmezzando la narrazione con dei quadri di Monet. 

A salvare Elisabeth e Elijah dalla perdita di sé, in una Parigi caotica, frastagliata e  mutevole che sembra respingerli c’è solo la tenerezza dei loro sentimenti. Un’affinità che nasce improvvisa, alla fine di una giornata in marcia. Un sentimento dolce, ben lontano dall’amour fou degli amanti della Nouvelle Vague, in cui però i due protagonisti sembrano trovare finalmente riparo, accendendo una speranza per un’intera generazione smarrita dalla paura dell’incomunicabilità e della precarietà. “Sicuramente il film tocca temi universali di una generazione – dice Laurent Slama – anche se nel momento in cui l’ho diretto non pensavo esattamente a chi volessi rivolgermi. Nel mio film – prosegue – l’amore è qualcosa di molto importante. Al cinema si è raccontato molto l’amore come passione, desiderio, relazione, amore romantico, ma poco come amore tra amici o come affinità spirituale. Per questo era importante per me mostrare anche questo aspetto dell’amore, una relazione dolce che si instaura tra due persone che forse è anche più forte dell’amore degli amanti. L’amore amicale non salva, ma comprende, ascolta, aiuta”.  

A SECOND LIFE film uscirà il 15 aprile in Francia e poi andrà in Germania, in Austria, in Svizzera e si spera anche in Italia. “Vorrei che uscisse nelle sale e non su una piattaforma – afferma il regista – perché il film utilizza il sonoro in una maniera particolare che solo il cinema potrebbe restituire. A casa – conclude – l’esperienza del suono e in generale del film non sarebbe la stessa”.

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