Quando il tappeto nero si srotola per celebrare un’opera del maestro del gotico Guillermo del Toro, il confine tra cinema e teatro si dissolve.

È accaduto prima al Royal Festival Hall di Londra per il 69° BFI London Film Festival il 13 ottobre, poi a The Plaza Hotel di New York il 20 ottobre: Mia Goth ha trasformato le premiere di Frankenstein in un manifesto di stile e sostanza, confermando il suo status di icona contemporanea dell’horror cinematografico.

L’attrice britannica, già celebrata per la trilogia X che ha ridefinito il genere slasher moderno, ha scelto di presentarsi al mondo con una strategia visiva tanto audace quanto coerente. Al BFI londinese ha sfoggiato un abito viola trasparente che ha fatto vibrare le corde della provocazione estetica, mentre a New York ha optato per una variante in nero con pannelli in pizzo decorativo sul petto e una fascia opaca sui fianchi. Non si tratta di semplici scelte di stile: sono dichiarazioni d’intenti che dialogano con il suo personaggio sullo schermo e con un movimento più ampio che Vogue ha battezzato “scream queen fashion”.

Ma è dietro le quinte che si cela la vera sorpresa. Sul red carpet londinese, Mia Goth ha rivelato a The Hollywood Reporter un dettaglio che aggiunge profondità alla sua partecipazione al progetto: interpreta non uno, ma due ruoli nel Frankenstein di del Toro. Oltre a Elizabeth Lavenza, l’amore di Victor Frankenstein, l’attrice dà volto e presenza alla madre dello scienziato. “È stata idea di Guillermo”, ha confessato con evidente emozione. “Essere parte di un suo film in un ruolo è già così lusinghiero. Ma essere scelta per due è stato davvero speciale.”

Questa scelta registrativa non è casuale. Del Toro, maestro nell’intrecciare simbolismo visivo e narrativa emotiva, sembra aver costruito un ponte generazionale attraverso il volto di Goth, suggerendo come il trauma e l’amore si tramandino attraverso le linee di sangue della famiglia Frankenstein. È una mossa che ricorda le grandi tradizioni del cinema d’autore, dove l’attore diventa strumento poliedrico nelle mani del regista-visionario.

La premiere newyorkese ha riunito sul tappeto nero un cast stellare che include Jacob Elordi nel ruolo della Creatura, Oscar Isaac come Victor Frankenstein, oltre a Christoph Waltz, F. Murray Abraham, Mark Strong e Cheyenne Jackson. Elordi, in particolare, ha dedicato ogni ultimo secondo disponibile ai fan, firmando autografi e scattando selfie fino al momento di entrare in sala. Un gesto che testimonia la consapevolezza del peso culturale di questo progetto.

Felix Kammerer, reduce dal successo di Niente di nuovo sul fronte occidentale, ha condiviso con The Hollywood Reporter l’emozione di aver realizzato un sogno professionale: “Lavorare con Oscar Isaac era sulla mia lista dei desideri. Ora posso chiamarlo collega.” L’attore austriaco ha trovato un’intesa particolare con Christoph Waltz, con cui ha condiviso numerose cene durante le riprese, creando quel tipo di chimica umana che spesso si traduce in magia sullo schermo.

Mike Hill, genio dietro il design della Creatura, ha spiegato la filosofia che ha guidato il suo lavoro: ignorare le rappresentazioni passate e concentrarsi sull’autenticità storica. “Volevo che sembrasse costruito nel 1800, non un effetto speciale moderno”, ha dichiarato. “Il design riflette le procedure mediche dell’epoca, la loro ingenuità.” È un approccio che privilegia la verosimiglianza emotiva rispetto allo spettacolo tecnico, perfettamente allineato con la sensibilità di del Toro.

Alexandre Desplat, compositore premio Oscar, ha affrontato la sfida musicale puntando sulla fragilità del violino come strumento principale. “Come si crea empatia per la Creatura? Come la si rende umana? Usando il suono puro del violino, il pubblico percepisce la sua fragilità”, ha spiegato. Per Desplat, Frankenstein è essenzialmente “una storia d’amore romantica ed epica, perché ogni personaggio è alla ricerca di amore.”

Ma torniamo a Mia Goth e al suo impatto visivo. La sua predilezione per gli abiti trasparenti non è mera provocazione: è l’affermazione di un’estetica che fonde vulnerabilità e potenza. Come ha notato la fashion editor Sophie Robyn Watson per Who What Wear, nel 2025 lo sheer non è più confinato agli eventi serali. “Tessuti semi-trasparenti in organza dominano non solo le passerelle, ma anche lo street style e i red carpet”, ha osservato. Mia Goth sta cavalcando questa onda con la sicurezza di chi sa di possedere sia il carisma che il capitale culturale per farlo.

Durante l’ascesa di MaXXXine, capitolo finale della trilogia X, Goth aveva già dimostrato questa consapevolezza stilistica, abbracciando i codici della pelle, del bodycon e dei corsetti. Per la premiere di Los Angeles aveva scelto Ludovic de Saint Sernin, mixando velluto e bustier in pelle. A seguire, un abito nero in pelle con corsetto firmato Versace. Ogni apparizione costruisce un lessico visivo coerente: quello della scream queen che rifiuta di essere confinata nei confini del genere.

Frankenstein è nelle sale cinematografiche selezionate dal 17 ottobre per poi approdare su Netflix il 7 novembre. L’attesa è palpabile non solo per la visione di del Toro sul classico di Mary Shelley, ma per scoprire come il doppio ruolo di Mia Goth aggiungerà strati di complessità emotiva a una storia già densa di temi sulla creazione, l’abbandono e il bisogno disperato di connessione umana. Se la Creatura cerca l’amore, come suggerisce Desplat, forse trovarlo nel volto della madre e dell’amata incarnate dalla stessa attrice rappresenta la più crudele delle ironie tragiche.

In un’era in cui il cinema di genere viene finalmente riconosciuto come territorio di sperimentazione artistica legittima, Mia Goth si conferma non solo interprete ma anche simbolo di questa evoluzione culturale. Il suo corpo diventa tela, il suo sguardo racconta storie che vanno oltre le parole, e la sua presenza sui red carpet di Frankenstein è tanto parte dell’opera quanto le immagini che scorreranno sullo schermo. Del Toro lo ha capito. E il pubblico anche.

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