Sono passati quasi quindici anni da quella decisione che ha fatto tremare l’universo nerd: George Lucas che cede Lucasfilm e Star Wars alla Disney.
Una vendita da quattro miliardi di dollari che ha segnato la fine di un’era e l’inizio di un capitolo controverso per la saga spaziale più amata del cinema. Oggi, mentre i fan si dividono tra chi applaude The Mandalorian e chi rimpiange i tempi d’oro, il maestro torna a parlare. E le sue parole hanno il sapore definitivo di un addio.
In una recente intervista con il Wall Street Journal, George Lucas ha spazzato via ogni residua speranza di un suo ritorno dietro la macchina da presa.
“Disney ha comprato Star Wars e gli ha dato la sua impronta. Succede”,
ha dichiarato con una pragmaticità che suona quasi liberatoria.
“Ovvio che nel frattempo io sia andato avanti. Insomma, ho anche una vita. Sto progettando un museo, e questo è molto più difficile che fare un film.”
Il museo in questione non è un progetto qualunque. Si tratta del Lucas Museum of Narrative Art di Los Angeles, un colosso culturale da un miliardo di dollari che sta assorbendo tutte le energie creative del regista. Un’impresa titanica che Lucas stesso definisce più complessa della realizzazione di una pellicola. E qui arriva il dettaglio che farà discutere: tra le 33 stanze del museo, Star Wars ne occuperà soltanto una.
Non è un caso. È una scelta deliberata, quasi provocatoria.
“L’ho fatto di proposito, Non volevo che le persone venissero al museo chiedendo solamente: dov’è Star Wars?”
Sessant’anni di collezionismo, una vita passata a raccogliere opere d’arte narrative, e la saga che lo ha reso immortale relegata a un angolo controllato. Un messaggio chiaro: George Lucas è molto più di quella galassia lontana lontana.
La vendita a Disney, avvenuta nel 2012, era stata accompagnata da un tumulto emotivo che Lucas stesso ha rivelato solo di recente. Il creatore aveva intuito che l’industria stava cambiando, con lo streaming alle porte e un modello di business che non sentiva più suo. Preferì vendere piuttosto che adattarsi a un mondo che non riconosceva più.
“Mi sono reso conto che l’industria stava cambiando con un chiaro pivot verso lo streaming, di cui a quanto pare mi sentivo fortemente contrario a farne parte”.
Dal passaggio di testimone, Star Wars ha vissuto stagioni alterne. La nuova trilogia con Daisy Ridley ha diviso il fandom come poche altre opere nella storia del cinema. Gli spin-off hanno oscillato tra esperimenti coraggiosi e delusioni cocenti. Poi è arrivato The Mandalorian, con il suo Baby Yoda capace di conquistare anche gli scettici, seguito da Andor che ha dimostrato come la galassia possa ancora raccontare storie adulte e politicamente complesse.
Eppure Lucas guarda altrove. Il suo museo, che assorbe circa un quarto dei quattro miliardi guadagnati dalla vendita, rappresenta la sua vera ossessione attuale. Un progetto che gli permette di esplorare l’arte narrativa in tutte le sue forme, dal cinema alla pittura, dall’illustrazione alla fotografia. Star Wars era narrazione attraverso il mito. Il museo è narrazione come linguaggio universale dell’umanità.
Per i nostalgici che speravano in un suo ritorno creativo nella saga, resta solo la rassegnazione. Ma la galassia continua a girare anche senza il suo architetto originale. The Mandalorian & Grogu è atteso per maggio 2026, mentre Star Wars: Starfighter, con Ryan Gosling protagonista, arriverà nel maggio 2027. Sono sette anni che Star Wars manca dal grande schermo, un’assenza che pesa come un vuoto cosmico.
George Lucas ha fatto pace con il suo passato. Ha creato un universo che gli è sopravvissuto, che ora vive di vita propria sotto la gestione Disney. E mentre milioni di fan continuano a discutere su cosa avrebbe dovuto essere e cosa invece è diventato, lui si dedica alla costruzione fisica di uno spazio dove celebrare non solo il suo lascito, ma l’intera tradizione del racconto visivo. Una stanza su trentatré. Forse è proprio questa la misura giusta per ricordare che anche i creatori di mondi infiniti, alla fine, devono trovare il modo di andare avanti.