Alla Festa del Cinema di Roma, Alice Winocour firma un dramma elegante ma privo di scintille, tra passerelle e fragilità umane.
Tra luci, flash e applausi della Festa del Cinema di Roma 2025, Angelina Jolie è tornata sul grande schermo con Couture, il nuovo film di Alice Winocour (già autrice del delicato Paris Memories), presentato dopo il passaggio a Toronto. Un racconto che si muove tra la moda e la malattia, tra le superfici perfette delle sfilate e le crepe invisibili della vita reale.
Un titolo che prometteva eleganza e intensità, ma che si rivela un esperimento intimo, quasi minimalista, più interessato all’umanità che allo scintillio.
“Couture” è ambientato durante la Paris Fashion Week e segue Maxine Walker (Angelina Jolie), una regista gotico-glam di film horror indipendenti, chiamata a girare un corto artistico per una grande maison (che il film lascia intendere essere Chanel).
Attorno a lei si muove un piccolo universo femminile: Anyier Anei, giovane modella sudsudanese al suo debutto, simbolo di una nuova idea di bellezza; Ella Rumpf, truccatrice che sogna di diventare scrittrice; Louis Garrel, affascinante direttore della fotografia; Garance Marillier, una sarta che cuce minuscoli frammenti di sogni su un abito di tulle bianco; e Vincent Lindon, il medico che accompagna Maxine quando la sua salute inizia a vacillare.
Dietro la macchina da presa, Winocour sceglie un tono quasi documentaristico, lontano dagli eccessi del mondo fashion: niente scandali, niente droghe, nessuna passerella caotica. Solo donne che lavorano, respirano e affrontano la vita, tra piccoli gesti e verità taciute.
Angelina Jolie torna a un ruolo complesso e vulnerabile: Maxine è una donna nel mezzo di un divorzio, madre, artista, e improvvisamente paziente. Quando scopre di avere un tumore al seno, il film cambia direzione e diventa una riflessione sulla fragilità del corpo, sull’illusione della perfezione e sulla paura di fermarsi.
La Jolie regala una prova sobria ma intensa, segnata da un’eleganza malinconica che sembra rispecchiare la sua storia personale. Tuttavia, come sottolineato anche dal Guardian, il film appare emotivamente disinnescato: la regia di Winocour evita il dramma, predilige l’osservazione, e il risultato è un racconto che affascina più per l’intenzione che per il coinvolgimento.
Il mondo della moda, invece di esplodere in colori e vanità, viene riportato a una dimensione umana e fragile — ma forse troppo piatta. Couture sfiora temi importanti (l’identità, la malattia, la solidarietà femminile), senza mai affondare davvero la lama.
L’effetto finale è quello di una passerella silenziosa: bellissima da guardare, ma distante, quasi immobile.

“Couture” è un film che tenta di spogliare la moda dei suoi eccessi per mostrarne l’anima nascosta, ma finisce per rimanere prigioniero delle sue stesse superfici.
Angelina Jolie è magnetica, ma “fuori posto”, come se il film non sapesse cucirle addosso un ruolo su misura.
Nonostante tutto, resta un esperimento delicato, da leggere più come poesia visiva che come dramma: un film che parla di bellezza e malattia, di donne che resistono, e di un mondo che — anche quando sembra perfetto — ha sempre bisogno di essere toccato con mano.