Il film d’esordio di Ben Leonberg apre Alice nella Città 2025, sezione autonoma e parallela della XX Festa del Cinema di Roma.
A volte il coraggio di un film non sta nella trama, ma nello sguardo. E Good Boy, film d’esordio di Ben Leonberg e titolo d’apertura di Alice nella Città 2025, sceglie uno sguardo inaspettato: quello di un cane.
Dopo la sua anteprima mondiale al SXSW, l’opera arriva a Roma per inaugurare la ventesima edizione della sezione giovane e indipendente della Festa del Cinema di Roma, portando sullo schermo un racconto sospeso tra brivido e dolcezza, dove l’orrore si intreccia con la devozione.
Il protagonista non è un attore professionista, ma Indy, il retriever del regista, che conquista il pubblico con una performance tanto autentica quanto disarmante.
La storia ruota attorno a Todd (Shane Jensen), un uomo segnato da una malattia misteriosa che decide di trasferirsi nella vecchia casa del nonno, isolata e decadente, accompagnato solo dal suo cane Indy.
Dal momento in cui varcano la soglia, l’atmosfera si fa inquieta: rumori inspiegabili, ombre, presenze che solo Indy riesce a percepire. Leonberg costruisce la tensione con un approccio minimalista e sensoriale, scegliendo di raccontare tutto dal punto di vista dell’animale.
La macchina da presa si muove bassa, respira e osserva con lui: la paura diventa empatia, e il mistero si trasforma in un legame profondo tra due esseri viventi che cercano di sopravvivere all’ignoto.
Girato nell’arco di tre anni, il film è un esperimento di cinema indipendente e di pazienza narrativa: il regista ha modellato la storia seguendo i tempi e le reazioni reali del suo cane, ottenendo un realismo emotivo raro.
Le apparizioni restano volutamente indefinite, le spiegazioni minime: Good Boy non cerca di spaventare con i mostri, ma di interrogare la nostra idea di presenza e perdita.
A rafforzare il tono da ghost story c’è la presenza di Larry Fessenden, icona dell’horror indie americano, nei panni del nonno defunto di Todd: un cameo breve ma intenso, che aggiunge peso e memoria alla narrazione.
Con i suoi 73 minuti di durata, Good Boy non punta alla grandezza spettacolare ma alla profondità emotiva.
Nonostante qualche limite narrativo e un ritmo volutamente dilatato, l’opera convince per la sua originalità di sguardo e per la sincerità con cui racconta la lealtà, la paura e la fragilità dell’amore — anche quando si manifesta in forma animale.
Il film d’esordio di Leonberg è, in fondo, un atto d’amore: verso il cinema indipendente, verso la pazienza del racconto e verso quel legame misterioso che unisce gli esseri viventi.
E Indy, con i suoi occhi intelligenti e spaventati, diventa il cuore pulsante di una storia che non ha bisogno di parole per commuovere.