Ci sono storie di Hollywood che si trasformano in leggende, alimentate da sussurri, speculazioni e quel velo di mistero che avvolge le decisioni prese nelle sale di produzione.

Una di queste riguarda Ritorno al futuro, uno dei franchise cinematografici più amati di sempre, e il suo protagonista che non fu. Prima che Michael J. Fox diventasse per sempre Marty McFly, un altro attore aveva già indossato il giubbotto rosso e i jeans stonewashed: Eric Stoltz. Oggi, a distanza di decenni, Fox ha finalmente raccontato cosa è successo quando i due si sono incontrati faccia a faccia.

Nel 1984, quando la produzione di Ritorno al futuro prese il via, Eric Stoltz era il prescelto per interpretare Marty McFly. Scene intere vennero girate con lui come protagonista, e ancora oggi esiste del materiale che testimonia quella versione alternativa del film. Stoltz si era immerso totalmente nel ruolo, mantenendo il personaggio anche fuori dal set con una dedizione quasi maniacale. Eppure qualcosa non funzionava. Il regista Robert Zemeckis non era soddisfatto della performance: mancava quella leggerezza comica, quell’energia irriverente che avrebbe reso McFly un’icona degli anni Ottanta. La decisione fu drastica e dolorosa: Stoltz venne sostituito, e la maggior parte delle scene dovette essere rigirata da zero.

Fu allora che entrò in scena Michael J. Fox, all’epoca impegnato nella sitcom Family Ties. L’attore dovette destreggiarsi tra gli impegni televisivi e le riprese cinematografiche, un tour de force che lo portò a lavorare giorno e notte. Ma Fox portò con sé esattamente ciò che mancava: il tempismo comico, l’ironia naturale, quella capacità di rendere straordinario l’ordinario. Marty McFly diventò uno dei personaggi più memorabili della storia del cinema, e Ritorno al futuro un fenomeno culturale che avrebbe attraversato le generazioni.

Per anni, Stoltz ha mantenuto un silenzio quasi totale sulla sua esperienza con il film. Quando Fox ha iniziato a lavorare al suo memoir Future Boy, l’attore ha declinato l’invito a partecipare al progetto editoriale. Tuttavia, ha accettato qualcosa di più personale e significativo: un incontro di persona a New York City. Ed è proprio di questo faccia a faccia che Fox ha scelto di parlare, dissolvendo le nebbie della speculazione.

“Sono un grande fan del suo lavoro”, ha dichiarato Fox a People magazine. “È davvero eccezionale. E sono particolarmente fan di Tarantino: Pulp Fiction è stato straordinario.” Il riferimento non è casuale. Dopo l’esperienza bruciante di Ritorno al futuro, Stoltz ha costruito una carriera solida e rispettabile, trovando in Quentin Tarantino un regista capace di valorizzare il suo talento intenso e stratificato. Il suo Lance in Pulp Fiction gli è valso una nomination agli Independent Spirit Awards, e ha continuato a lavorare in film come Rob Roy, Jerry Maguire, Anaconda e The Rules of Attraction.

È stato bellissimo. Una conversazione fantastica. Semplicemente due ragazzi che parlavano, che è esattamente ciò che pensavo sarebbe stato“, ha raccontato Fox descrivendo l’incontro. La semplicità di queste parole nasconde una profondità emotiva significativa: due uomini che hanno vissuto la stessa situazione da prospettive radicalmente diverse, finalmente seduti uno di fronte all’altro senza filtri o intermediari.

Fox è andato oltre, affrontando direttamente le voci e le teorie cospirative che per anni hanno circondato quella sostituzione. “C’è tutta questa mitologia costruita attorno a qualcosa che è semplicemente accaduto. C’è stato un pugnale alla schiena? C’erano persone che complottavano ed erano malvagie? No, è stata solo una cosa che è successa. Abbiamo avuto esperienze diverse con la stessa situazione, la assorbi e vai avanti.”

Questa dichiarazione è importante perché smonta decenni di speculazioni. Nel mondo del cinema, dove le carriere si costruiscono e si distruggono con decisioni che spesso sembrano arbitrarie, la narrazione tende a polarizzarsi tra vincitori e vinti, traditori e traditi. Fox rifiuta questa semplificazione, riportando l’intera vicenda a una dimensione umana. Non ci sono stati complotti hollywoodiani, solo una decisione creativa che ha cambiato il destino di due attori in modi opposti.

Curiosamente, i due si erano già incrociati agli albori delle rispettive carriere. Fox ricorda nel suo memoir un’audizione condivisa per Il Signore della disciplina di Franc Roddam, un dramma militare intenso e cupo. “Il direttore del casting ci chiese di leggere una scena insieme, ed Eric prese sul serio l’indicazione ‘intenso’, afferrando con forza la mia camicia e quasi strappandola a metà. Nessuno di noi due ottenne la parte.” Un aneddoto che rivela quanto diversi fossero i loro approcci alla recitazione già allora: Stoltz era il metodo, l’intensità trattenuta; Fox era l’istinto, la spontaneità luminosa.

Per Michael J. Fox, Ritorno al futuro è stato l’elemento che ha trasformato la sua carriera da promettente a leggendaria. Il film, prodotto da Steven Spielberg e diretto con maestria da Robert Zemeckis, è diventato un caposaldo della fantascienza cinematografica, generando due sequel di successo e un’eredità culturale che resiste ancora oggi. Per Stoltz, invece, quella sostituzione avrebbe potuto essere la fine. Invece, è diventata una nota a margine in una carriera costruita con dignità e talento, lontano dai riflettori della fama planetaria ma ricca di soddisfazioni artistiche.

L’incontro tra i due non è solo la chiusura di un cerchio narrativo, ma un esempio di come il tempo possa guarire ferite che sembravano incurabili. Non c’è bisogno di perdono quando non c’è stata colpa, solo circostanze e decisioni creative che hanno preso strade diverse. Due Marty McFly, due destini, una sola verità: a volte le cose accadono, e l’unico modo per andare avanti è accettarle e costruire qualcosa di nuovo.

Oggi, guardando indietro a quella DeLorean argentata che ha attraversato il tempo sullo schermo, è impossibile immaginare chiunque altro se non Michael J. Fox al volante. Ma sapere che Eric Stoltz ci è stato prima, e che i due hanno finalmente potuto parlarne senza risentimenti, aggiunge uno strato di umanità a una storia che sembrava appartenere solo alla mitologia del cinema. Perché alla fine, dietro ogni leggenda di Hollywood, ci sono sempre persone vere che vivono, lavorano, sbagliano e, se sono fortunate, trovano la pace con il proprio passato.

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