La voce è ancora quella che ha accompagnato generazioni di appassionati attraverso galassie lontane lontane. Ma le parole di Mark Hamill, pronunciate durante un’intervista con Variety per l’Awards Circuit Podcast, hanno il sapore di un addio definitivo.
A 74 anni, l’attore che ha incarnato Luke Skywalker per oltre quattro decenni ha ribadito con chiarezza cristallina che il suo capitolo nella saga di Star Wars è chiuso. E lo ha fatto con un paragone tanto brillante quanto malinconico.
“Ho avuto il mio tempo”, ha dichiarato Hamill senza mezzi termini. “Adoro quello che stanno facendo con The Mandalorian e The Book of Boba Fett. Mi hanno chiesto di fare brevi cameo quando Luke era all’apice dei suoi poteri.” Ma è nell’analogia successiva che l’attore ha condensato decenni di riflessioni sul suo personaggio più iconico.
Hamill ha raccontato di aver detto a George Lucas che la struttura narrativa di Luke Skywalker assomiglia a un esperimento cinematografico surreale: “È quasi come se lo avessi fatto per James Bond. Episodio uno, è un ragazzo che sogna il futuro e sente parlare di agenti segreti. Episodio due, si addestra per diventare un agente segreto. Episodio tre, ottiene la licenza di uccidere, e poi ti fermi. Niente Agente 007 licenza di uccidere, niente A 007 dalla Russia con amore, niente Goldfinger.” La metafora è potente: Luke Skywalker ha un inizio e una fine, ma nessun mezzo. La parte più avventurosa, quella in cui l’eroe è nel pieno delle sue capacità, è stata rappresentata solo attraverso fugaci apparizioni negli show televisivi più recenti.
Questa assenza del “mezzo” non è una critica, ma una constatazione di come la saga si sia sviluppata nel corso dei decenni. Mentre James Bond ha potuto vivere infinite missioni nel pieno della sua carriera di spia, Luke ha saltato direttamente dall’addestramento all’epilogo, lasciando un vuoto narrativo che nemmeno le tecnologie più avanzate di de-aging digitale possono completamente colmare. I cameo in The Mandalorian e The Book of Boba Fett hanno offerto scorci di quel Luke al culmine della forza, ma sono rimasti frammenti, non capitoli completi.
L’attore, attualmente in piena rinascita creativa grazie al regista Mike Flanagan che lo ha diretto in The Life of Chuck e The Fall of the House of Usher, oltre alla sua partecipazione al film tratto da Stephen King The Long Walk, sembra aver trovato pace con questa realtà. “Stanno facendo un lavoro fantastico, e auguro loro ogni bene”, ha concluso con quella che suona come una benedizione generazionale passata ai nuovi custodi della galassia.
Ma l’intervista ha riservato un altro momento prezioso, quando Hamill è stato invitato a condividere ricordi della sua esperienza nella saga. Senza esitazione, l’attore è tornato a L’Impero colpisce ancora e a quello che è universalmente riconosciuto come uno dei migliori colpi di scena della storia del cinema. La rivelazione che Darth Vader è il padre di Luke non era nel copione originale che il cast aveva ricevuto.
“Lasciate che vi racconti una piccola storia su quella rivelazione”, ha iniziato Hamill. Nello script distribuito alla troupe, la battuta di Vader era completamente diversa: “Non conosci la verità. Obi-Wan ha ucciso tuo padre.” La scena fu girata esattamente come appare nel film, con Luke che grida disperato “No, non è vero. È impossibile” e Vader che risponde “Cerca nei tuoi sentimenti. Sai che è vero.” Ma quelle parole si riferivano a una verità completamente diversa.
“Ironicamente, nel giro di due giorni, uno degli stormtrooper sarebbe andato al pub durante la pausa pranzo, dove c’erano giornalisti dei tabloid che offrivano cinque o dieci sterline per qualsiasi notizia”, ha ricordato l’attore, dipingendo un quadro vivido della caccia alle informazioni che circondava le produzioni di Star Wars già alla fine degli anni Settanta. Fu allora che il regista Irvin Kershner convocò Hamill nel suo camerino per un incontro che sarebbe diventato leggendario.
“Mi disse: ‘Ti dirò qualcosa. Lo so io. Lo sa George Lucas. E quando te lo dirò, lo saprai anche tu. Quindi se la notizia trapela, sapremo che sei stato tu.'” La pressione su un giovane attore doveva essere immensa. Il segreto che Kershner condivise era esplosivo: la battuta “Obi-Wan ha ucciso tuo padre” sarebbe stata sostituita con “Io sono tuo padre” in post-produzione, con la voce di James Earl Jones registrata separatamente.
Il twist su Obi-Wan Kenobi sarebbe stato comunque efficace, ma non avrebbe avuto l’impatto sismico che ha avuto la vera rivelazione. “Il colpo di scena con Alec Guinness sarebbe stato comunque buono. Sfortunatamente, è impossibile controllare le fughe di notizie, ma fu comunque sconvolgente”, ha ammesso Hamill. Poi ha aggiunto il dettaglio più straordinario: “La parte più difficile fu mantenere quel segreto per più di un anno e mezzo.”
Un anno e mezzo di silenzio assoluto. Hamill non disse nulla a nessuno, nemmeno alla moglie. Al primo screening del film, Harrison Ford era seduto davanti a lui. “Si voltò e mi disse: ‘Non l’hai nemmeno detto a me.’ Avevo troppa paura. Non l’ho rivelato a nessuno, nemmeno a mia moglie.” Quella paura riverenziale verso il materiale, quella consapevolezza di essere custode di qualcosa di più grande, è forse l’eredità più autentica che Hamill porta con sé dalla galassia lontana lontana.
Oggi, mentre l’universo di Star Wars si espande attraverso serie televisive, film e progetti multimediali, Mark Hamill osserva da lontano con l’orgoglio di chi ha costruito le fondamenta. La sua decisione di non tornare come protagonista non è un rifiuto, ma un riconoscimento che ogni storia ha il suo tempo. E il tempo di Luke Skywalker, per quanto incompleto nel mezzo, ha avuto un inizio leggendario e una fine degna. Il resto, come direbbe un Maestro Jedi, appartiene alla Forza.
