Quando si interpreta un mostro, non basta studiarne i crimini. Bisogna penetrare nella psiche, entrare nella voce, trovare quella frequenza disturbante che trasforma un uomo in un incubo.
Charlie Hunnam lo sapeva bene quando ha accettato di incarnare Ed Gein per la nuova stagione della serie antologica Monster di Ryan Murphy, ora disponibile su Netflix. Ma c’era un problema: di Ed Gein, il serial killer e profanatore di tombe attivo fino al suo arresto nel 1957, si sa relativamente poco. E della sua voce, ancora meno.
L’attore britannico, originario del nord dell’Inghilterra, si è trovato di fronte a una sfida che andava oltre la semplice recitazione. Come ha raccontato in un’intervista a Variety pubblicata pochi giorni prima del debutto degli otto episodi su Netflix, la voce doveva essere incredibilmente specifica. Eppure nessuno nel team creativo, inizialmente, aveva un’idea chiara di quale dovesse essere quella specificità. “La voce doveva essere davvero precisa”, ha spiegato Hunnam, “ma non credo che nessuno di noi avesse realmente un’idea di cosa fosse.”
Ed Gein non è solo uno dei criminali più inquietanti della storia americana. È anche l’ispirazione diretta per alcuni dei villain più iconici del cinema horror: Norman Bates di Psycho, Buffalo Bill de Il silenzio degli agnelli, e perfino elementi del personaggio di Leatherface in Non aprite quella porta. Eppure, a differenza di Jeffrey Dahmer o dei fratelli Menendez, protagonisti delle precedenti stagioni di Monster, Gein rimane una figura più oscura per il grande pubblico. Questo ha rappresentato sia una difficoltà che un’opportunità creativa straordinaria.
La produzione aveva messo in campo i suoi migliori ricercatori, ma una registrazione audio dell’intervista rilasciata da Gein subito dopo il suo arresto sembrava introvabile. Fino a quando Charlie Hunnam, con quella determinazione ossessiva che contraddistingue i grandi interpreti, non ha fatto quello che nessun altro era riuscito a fare: l’ha trovata. “Ma Charlie ce l’ha fatta”, ha rivelato il regista della serie Max Winkler, “perché è Charlie e fa cose folli.”
Quello che Hunnam ha scoperto in quella registrazione rara ha cambiato completamente il suo approccio al personaggio. La voce di Ed Gein era acuta, quasi infantile, un suono stridente che contrastava violentemente con l’orrore dei suoi crimini. Winkler l’ha descritta come una combinazione tra la performance di Mark Rylance nella piece teatrale Jerusalem del 2009 e, sorprendentemente, Michael Jackson. Una scoperta che avrebbe potuto sembrare bizzarra, ma che invece si è rivelata la chiave per comprendere la psicologia profonda del personaggio.
Per Hunnam, quella voce non era solo un dettaglio tecnico da replicare. Era la porta d’ingresso per comprendere l’intera dinamica psicologica che aveva plasmato Ed Gein. “Ho iniziato a vedere Gein attraverso una serie di affettazioni per compiacere sua madre”, ha spiegato l’attore. “È da lì che è nata la voce.” Quella tonalità acuta, quella qualità quasi puerile, non era casuale: era il residuo di una vita vissuta sotto il controllo oppressivo di una figura materna dominante, un tentativo perpetuo di rimanere il bambino obbediente anche da adulto.
La scelta di Ryan Murphy di dedicare una stagione della sua serie antologica a Ed Gein si inserisce in un filone che il creatore di American Horror Story e Glee conosce alla perfezione: l’esplorazione dei mostri reali che hanno ispirato la nostra cultura pop. Dopo il successo critico e di pubblico delle stagioni su Dahmer e sui Menendez, portare sullo schermo l’uomo che ha ispirato alcuni dei più grandi capolavori dell’horror rappresenta una progressione naturale e, al tempo stesso, rischiosa.
Il serial killer come figura cinematografica continua a esercitare un fascino morboso sul pubblico. David Fincher lo ha dimostrato magistralmente con Seven e Zodiac, creando alcuni dei villain più memorabili della storia del cinema. La serie Mindhunter, sempre su Netflix, ha ulteriormente esplorato la psicologia di questi criminali, mentre Hannibal Lecter è diventato un’icona culturale attraverso film e serie televisive considerate ormai dei classici moderni. In questo panorama, era inevitabile che Ed Gein, l’ispirazione originale di così tante storie di terrore, ricevesse finalmente il suo trattamento definitivo.
La performance di Hunnam in Monster: The Ed Gein Story rappresenta uno dei punti più alti della sua carriera. L’attore, conosciuto per ruoli in Sons of Anarchy e film come Pacific Rim, ha dimostrato una dedizione maniacale ai dettagli che va ben oltre le aspettative. Il fatto che sia riuscito a procurarsi materiale audio che nemmeno i ricercatori professionisti di Netflix erano riusciti a trovare dice molto sul suo approccio al mestiere. Non si è accontentato di interpretare un personaggio: ha voluto abitarlo, comprenderlo, e per farlo ha scavato più a fondo di chiunque altro.
Gli otto episodi di Monster: The Ed Gein Story sono ora disponibili su Netflix, pronti a disturbare e affascinare il pubblico in egual misura. La serie non si limita a raccontare i crimini di Gein, ma esplora le dinamiche psicologiche, familiari e sociali che hanno trasformato un uomo apparentemente insignificante in uno dei criminali più infami del ventesimo secolo. E al centro di tutto c’è quella voce: acuta, infantile, agghiacciante. La voce che Charlie Hunnam ha riportato in vita dopo decenni di silenzio, ricordandoci che a volte i mostri più terrificanti non ruggiscono. Sussurrano.