L’evoluzione dei personaggi femminili al cinema è un percorso lungo e tortuoso, costellato da stereotipi e rivoluzioni.
Da figure bidimensionali relegate a ruoli di supporto, le donne sullo schermo hanno conquistato, negli ultimi anni, una complessità e una profondità senza precedenti. Eppure, a volte, sembra che la strada verso una rappresentazione autentica e sfaccettata sia ancora irta di ostacoli. Il caso di Margot Robbie, reduce dal successo planetario di Barbie, ne è un esempio lampante.
In Barbie, diretta dalla visionaria Greta Gerwig, Robbie ha incarnato un’icona femminista, un personaggio che trascende lo stereotipo della bambola perfetta per diventare un simbolo di empowerment. Barbie, inizialmente intrappolata in un mondo di plastica rosa, intraprende un viaggio di scoperta di sé che la porta a confrontarsi con le contraddizioni della femminilità contemporanea. Ride, piange, si interroga, si arrabbia: un caleidoscopio di emozioni che ha risuonato con milioni di spettatrici.
E poi arriva Sarah, il personaggio interpretato da Robbie in A Big Bold Beautiful Journey. Una donna “dannata”, come la definisce la fonte, intrappolata in un cliché narrativo che sembra uscito da un manuale di scrittura degli anni ’90. Sarah è la classica ragazza con il cuore spezzato, che si auto-sabota e ripete ossessivamente i suoi traumi. Un personaggio piatto, prevedibile, che non offre alcuna sfumatura o spessore psicologico.
La domanda sorge spontanea: perché, dopo il trionfo di Barbie, Margot Robbie ha scelto di interpretare un personaggio così superficiale? È una scelta artistica voluta? Un passo falso? O forse, più semplicemente, un ritorno a schemi narrativi rassicuranti, che però rischiano di vanificare i progressi compiuti nella rappresentazione della complessità femminile?
Il film, diretto da Kogonada e scritto da Seth Reiss, racconta la storia di due sconosciuti, Sarah (Margot Robbie) e David (Colin Farrell), che intraprendono un viaggio fantastico attraverso i loro passati. Un’idea interessante, che però si scontra con la fragilità del personaggio di Sarah, incapace di reggere il peso emotivo della narrazione.
A Big Bold Beautiful Journey, pur avendo dei punti di forza, non riesce a replicare la magia di Barbie. La caratterizzazione di Sarah, priva di spessore e originalità, rappresenta un passo indietro rispetto alla ricchezza e alla complessità del personaggio di Barbie. Un vero peccato, considerando il talento di Margot Robbie e le potenzialità di una storia che avrebbe potuto esplorare le sfumature dell’animo umano con maggiore profondità.
Resta la speranza che questo sia solo un incidente di percorso e che il futuro cinematografico di Margot Robbie, e delle donne al cinema, sia ancora ricco di personaggi memorabili, capaci di rappresentare la molteplicità e la forza dell’universo femminile.