Ci sono storie che non appartengono solo a chi le ha vissute, ma a un intero Paese che ne porta il peso sulla coscienza. La notte del 5 settembre 2020, la vita di Willy Monteiro Duarte si è interrotta brutalmente in soli quaranta secondi, lasciando un vuoto che nessun tempo potrà colmare. Oggi, a cinque anni di distanza, quella ferita diventa cinema con 40 Secondi, il film diretto da Vincenzo Alfieri e tratto dal libro-inchiesta di Federica Angeli. Un’opera che sceglie la via della delicatezza e della riflessione, trasformando un dramma in memoria condivisa, e che arriverà nelle sale italiane il 20 novembre 2025 con Eagle Pictures.

40 Secondi non si limita a ricostruire un omicidio, ma tenta di restituire il senso di una giornata qualunque che si trasforma, in maniera assurda e irreparabile, in una tragedia. Il film abbraccia i diversi punti di vista dei protagonisti, intrecciando le ultime ventiquattro ore di Willy e di chi lo ha incontrato lungo il suo cammino. È il ritratto di una generazione fragile, segnata dall’isolamento della pandemia, dal bisogno di riconoscimento e dall’incapacità di fermare la spirale della violenza.

Con uno stile asciutto e autentico, Alfieri evita ogni spettacolarizzazione, preferendo porre domande scomode piuttosto che offrire risposte facili. Attraverso un attento lavoro di street casting, il volto di Willy viene affidato a Justin De Vivo, affiancato da Francesco Gheghi, Enrico Borello, Francesco Di Leva, Beatrice Puccilli, Giordano Giansanti, Luca Petrini, Sergio Rubini e Maurizio Lombardi. Un ensemble che unisce professionisti e volti nuovi, per restituire al pubblico verità ed emozione.

Il film diventa così un viaggio nella banalità del male, ma anche un atto di testimonianza: ricordare Willy significa ricordare la sua luce, la sua gentilezza, la sua capacità di esserci per gli altri.

40 Secondi è più di un film: è una ferita che diventa memoria, un dolore che si trasforma in racconto, un invito alla riflessione rivolto soprattutto ai più giovani. Sullo schermo non c’è solo la tragedia, ma anche il coraggio di un ragazzo che, con la sua presenza discreta e luminosa, ha lasciato un segno indelebile.

Il cinema, ancora una volta, si fa specchio della società e custode della memoria: perché ricordare Willy Monteiro Duarte significa non dimenticare mai che la violenza può spegnere una vita in un attimo, ma che la sua storia può diventare un faro, un monito e un atto di giustizia poetica.

Di Martina Bernardo

Vengo da un galassia lontana lontana... Appassionata di cinema e serie tv anche nella vita precedente e devota ai Musical