Ci sono film che non finiscono. Restano sospesi tra un’estate e l’altra, tra il sapore di una bibita sgasata e il battito accelerato di una prima fuga.
I Goonies non è solo un film del 1985: è una mappa nascosta nel cassetto dell’infanzia. Un’avventura che ha insegnato a una generazione intera che anche i disadattati possono essere eroi. E ora, dopo quarant’anni, quella mappa sembra essersi riaperta.
Al Festival di Venezia, tra le luci dei riflettori e il brusio delle promesse future, lo sceneggiatore Potsy Ponciroli ha riacceso la speranza: “La seconda bozza è completa al 95%”, ha detto. “Stiamo andando nella giusta direzione.”
Non è solo un aggiornamento tecnico: è un giuramento d’amore.
Ponciroli non ha paura dello scetticismo che circonda ogni sequel “impossibile”. Lui stesso lo dice: “Non rifarei mai The Goonies. È il mio film preferito. Ma questa… non è una fine. È un seguito naturale. La storia non è mai terminata.”
Non c’è ancora un regista. Nessuna data di produzione. Ma il battito c’è.
E insieme a lui, tornano i nomi che custodiscono il cuore dell’originale: Steven Spielberg, Chris Columbus, Lauren Shuler Donner. La Warner Bros. c’è. Amblin Entertainment pure, e allora, forse, quella grotta esiste ancora. Forse, anche oggi, qualcuno può ritrovare il tesoro del pirata Willy l’Orbo, tra trappole, amicizie, e sogni che resistono all’età adulta.
I Goonies non è nostalgia, è promessa.
È la convinzione che, sotto il mondo degli adulti, esista ancora un passaggio segreto, una torcia accesa, una risata nel buio.
E forse, in quell’oscurità familiare, sentiremo ancora una volta Mikey sussurrare:
“Non dire mai la parola fine.”