Ad un anno esatto dalla prima pubblicazione sta ricominciando a girare in rete una potenziale “copertina” del rifacimento di “Contact” di Robert Zemeckis con tanto di nomi dei protagonisti ovvero Jennifer Lawrence e Andre Garfield e data di uscita, il 2027. Per fortuna stiamo parlando solo della fantasia di qualcuno, magari anche fan del film. Secondo noi “Contact” è un film che va lasciato così com’è e ve ne spieghiamo le ragioni:
Nel vasto panorama della fantascienza cinematografica, Contact di Robert Zemeckis si staglia come un’opera unica, audace e profondamente umana. Uscito nel 1997 e tratto dal romanzo omonimo di Carl Sagan, astrofisico e divulgatore scientifico tra i più influenti del XX secolo, il film non si limita a raccontare il primo contatto tra l’umanità e una civiltà extraterrestre: lo fa esplorando con rara sensibilità il confine tra scienza e fede, ragione e intuizione, solitudine e connessione. La protagonista, la radioastronoma Ellie Arroway (interpretata da una intensa Jodie Foster), incarna la sete di conoscenza e la resilienza della mente scientifica. Orfana fin da bambina, cresciuta con il padre che le ha trasmesso l’amore per le onde radio e il cielo stellato, Ellie dedica la sua vita al progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), cercando segnali intelligenti provenienti dallo spazio profondo. Dopo anni di ricerche e ostacoli burocratici, riceve un messaggio da Vega, una stella distante 26 anni luce: una sequenza di numeri primi, seguita da immagini e infine da schemi complessi per costruire una misteriosa macchina. Ma Contact non è solo una storia di scoperte scientifiche.
È un viaggio interiore, una riflessione sulla condizione umana. Ellie, scettica e razionale, si confronta con Palmer Joss (Matthew McConaughey), un teologo che rappresenta la dimensione spirituale e il bisogno di credere. Il loro dialogo, mai banale, mette in scena il conflitto eterno tra empirismo e fede, ma anche la possibilità di una sintesi. In una delle scene più memorabili, Palmer chiede a Ellie se può provare che suo padre l’amasse. La domanda, semplice e devastante, rivela quanto anche la scienza più rigorosa si fondi su esperienze personali e intime. Zemeckis, già regista di Forrest Gump e Ritorno al futuro, dirige con mano sicura e visione ambiziosa. La sequenza iniziale, un viaggio visivo che parte dalla Terra e si allontana nello spazio profondo attraversando galassie e costellazioni, è una dichiarazione poetica: l’universo è immenso, e noi siamo piccoli, ma capaci di guardare lontano. Gli effetti speciali, curati da Ken Ralston e Stephen Rosenbaum, non sono mai invasivi, ma al servizio della narrazione. La colonna sonora di Alan Silvestri accompagna con delicatezza e potenza emotiva ogni svolta del racconto. Il film ha ricevuto recensioni contrastanti al momento dell’uscita.
Alcuni critici si aspettavano una rappresentazione più spettacolare degli alieni, rimanendo delusi dalla scelta di Zemeckis di non mostrarli direttamente. Ma proprio questa assenza è il cuore del film: Contact non vuole dare risposte, ma porre domande. Come 2001: Odissea nello spazio di Kubrick, a cui Zemeckis si ispira apertamente, il film lascia spazio all’interpretazione, alla meraviglia, al dubbio. Il viaggio di Ellie attraverso la macchina aliena, che la porta in un luogo che ricorda una spiaggia terrestre dove incontra una figura con le sembianze del padre, è un momento di pura metafisica. Nessuna prova tangibile del viaggio rimane, e il mondo la accusa di aver mentito. Ma Ellie sa ciò che ha vissuto. E noi, spettatori, siamo chiamati a scegliere se credere o no.
È il paradosso della fede applicato alla scienza. Dal punto di vista tecnico, Contact è straordinariamente accurato. Sagan, che ha collaborato alla sceneggiatura fino alla sua morte nel 1996, ha infuso nel film una precisione scientifica rara nel genere. Le teorie sui wormhole, le dinamiche della comunicazione interstellare, le implicazioni etiche e politiche di un contatto alieno sono trattate con serietà e profondità. Il film è dedicato a lui, e rappresenta il suo testamento spirituale: un invito a guardare il cielo con curiosità e umiltà. A distanza di oltre venticinque anni, Contact continua a essere oggetto di analisi, discussioni e rivalutazioni. È stato definito “il miglior film di fantascienza” non per i suoi effetti visivi, ma per il coraggio di affrontare temi universali: il bisogno di connessione, la paura dell’ignoto, la bellezza del dubbio. In un’epoca in cui la fantascienza tende spesso al sensazionalismo, Contact rimane un faro di intelligenza e sensibilità. Come dice Ellie nel finale: “L’universo è un posto molto grande. Se siamo solo noi, sembra proprio uno spreco di spazio.”
Una frase semplice, ma che racchiude tutta la poesia e la potenza di questo film indimenticabile. Il film incassò circa 171 milioni di dollari a livello globale, di cui 100,9 milioni negli Stati Uniti e circa 70 milioni nel resto del mondo; in Italia fu visto da oltre 944.000 spettatori, confermando il suo successo anche nel nostro Paese. Ricevette numerosi premi, tra cui il prestigioso Premio Hugo per la Miglior Presentazione Drammatica, il Saturn Award per Jodie Foster e Jena Malone, il Satellite Award per gli effetti visivi, l’ASCAP Award per la colonna sonora di Alan Silvestri e una nomination agli Oscar per il Miglior sonoro, oltre a una candidatura ai Golden Globe per la Foster.
L’impatto culturale di Contact è profondo: ha contribuito a rivalutare il progetto SETI agli occhi del grande pubblico, ha reso la ricerca di vita extraterrestre un tema affascinante e rispettabile, e la sua frase iconica “Se siamo solo noi, sembra proprio uno spreco di spazio” è diventata un simbolo citato in contesti scientifici, spirituali e persino pubblicitari. Il film è spesso utilizzato in dibattiti accademici e corsi universitari per esplorare il rapporto tra scienza e religione, ha ispirato generazioni di scienziati e divulgatori, e la figura di Ellie Arroway è considerata una delle più riuscite nel genere, rompendo stereotipi e offrendo un modello di scienziata credibile, empatica e determinata. A quasi trent’anni dalla sua uscita, Contact continua a essere un punto di riferimento per chi cerca nella fantascienza non solo intrattenimento, ma anche riflessione, bellezza e significato.
Per tutte queste ragioni il remake di “Contact” speriamo resti all’interno di questa copertina… e sembra che sia così.
