Oxford non è solo un luogo: è un respiro che attraversa i secoli, una promessa sospesa tra biblioteche antiche e sogni non ancora scritti. È qui che si muove Il mio anno a Oxford, il nuovo film Netflix tratto dal romanzo di Julia Whelan. Una storia che parla d’amore e di perdita, di gioventù e di scelte, intrecciando poesia e dolore come fossero le pagine di un diario che non si ha mai il coraggio di chiudere.

Al centro della scena troviamo Sofia Carson, che interpreta Anna, una giovane donna americana arrivata a Oxford per inseguire la passione per la letteratura. Accanto a lei Corey Mylchreest nel ruolo di Jamie, un giovane brillante e ironico, il cui destino però è segnato dalla malattia. Attorno a loro, un cast che dona sfumature al racconto: Dougray Scott, Catherine McCormack, Harry Trevaldwyn.

Carson conferma il suo talento nel muoversi tra delicatezza e intensità, mentre Mylchreest imprime al suo Jamie uno sguardo fragile, quasi consapevole che la sua stessa bellezza sia destinata a consumarsi troppo presto.

Il confronto con il libro

Il film si prende la libertà di cambiare il finale rispetto al romanzo. Nel libro, Jamie sopravvive, regalando ai lettori un epilogo più consolatorio; nel film, invece, il personaggio muore, trasformando la storia in un’ode struggente alla vita vissuta nel presente. Una scelta coraggiosa, che divide: da un lato intensifica l’impatto emotivo, dall’altro rischia di scivolare nel melodramma programmato.

Perché potrebbe piacere

Ambientazione ricca di fascino: Oxford è ripresa con cura, tra biblioteche antiche e architetture gotiche — una cartolina perfetta per chi sogna storie d’amore immerse in un’aura letteraria  .

Tocco visivo raffinato: la fotografia avvolgente crea un’atmosfera calda, nostalgica e accogliente  .

Emozioni semplici ma sincere: se il cuore è già predisposto per un racconto romantico e toccante, qui troverà un compagno di viaggio discreto ma fedele. Il finale, più struggente che nel libro, ha spiazzato molti… ma anche conquistato in egual misura  

Pregi e limiti del film

Il grande pregio di Il mio anno a Oxford è l’atmosfera: Oxford è fotografata con la stessa attenzione con cui un poeta descriverebbe un sogno. Ogni mattone, ogni finestra, ogni sala di lettura sembra parlare di eternità.

La colonna sonora e la regia accarezzano la storia con malinconia, offrendo un’esperienza visiva avvolgente.

Eppure, nonostante la bellezza del contesto, il film cade a volte in cliché narrativi troppo prevedibili, con dinamiche già viste in altri drammi romantici. L’alchimia tra i due protagonisti, seppur sincera, non sempre riesce a sovrastare la sensazione di déjà vu.

Il mio anno a Oxford è un film che non chiede solo di essere guardato, ma di essere sentito. È un racconto che parla di amori brevi ma infiniti, di luoghi che restano dentro, di destini che si consumano troppo in fretta.

Non è privo di difetti: a tratti indulgente, a tratti prevedibile. Ma come Oxford stessa, conserva un fascino che resiste. E ci ricorda che, a volte, basta un solo anno per vivere tutta una vita.