Un dialogo vero, senza filtri, con i giovanissimi giurati del Giffoni. Ambra Angiolini si racconta e invita tutti a riscoprire il valore della fragilità: “Lasciate una traccia d’amore, anche solo un biglietto, anche solo un pensiero. Contro gli haters, contro il vuoto. Per rinascere insieme.”

Non era l’Ambra di Ti appartengo, quella che ha attraversato in silenzio la sala Truffaut di #Giffoni55, bianco addosso e occhi profondi, pronti a farsi specchio di tutte le fragilità. Era un’Ambra nuova, adulta, luminosa e imperfetta. E proprio per questo autentica. Nessun filtro, nessuna maschera, solo parole nude e necessarie, come carezze e pugni insieme. Ha raccontato se stessa, e lo ha fatto per raccontare tutti.

Tra i momenti più toccanti di questa edizione del festival, l’incontro con Ambra Angiolini ha dato voce al disagio, ai disturbi alimentari, al mito irraggiungibile della perfezione, e alla possibilità concreta di trasformare il dolore in cura. “La bulimia è stata la mia danza macabra per tanti anni”, ha detto, svelando una parte di sé che pochi conoscevano. “Era il mio modo per premiarmi ogni volta che riuscivo a sopravvivere a una relazione sociale. Ma poi vomitavo tutto. Anche l’idea di essere amata.”

Un racconto difficile, affrontato con un coraggio che ha commosso e spiazzato la platea di ragazzi e ragazze. Una confessione che si è fatta strumento: attraverso i laboratori con l’associazione Alimenta, Ambra oggi trasforma quel dolore in un dono per gli altri, e al Giffoni ha voluto farlo in prima persona.

Poi, una storia semplice. Un bagno. Uno specchio. Un post-it della madre. “Qualsiasi cosa tu decida di fare, io sarò con te.” Parole che hanno fatto breccia, che hanno aperto una crepa nel muro. “Da quel momento ho capito che non ero sbagliata. Che l’amore può essere anche silenzioso, ma presente. E che non dobbiamo piacere a tutti. Dobbiamo imparare ad amarci, così come siamo.”

Perché la fragilità, come ha ricordato più volte, non è un difetto da nascondere. È un superpotere. E da quella consapevolezza nasce la sua “rivoluzione gentile”: un gesto minimo ma potente, un biglietto lasciato su una sedia del treno, su un tavolo, tra le mani di uno sconosciuto. “Scrivo quello che provo. Lascio tracce d’amore. Sono l’opposto della violenza che ci scorre addosso sui social. E sono messaggi per me e per chi verrà dopo. Come a dire: ce la puoi fare.”

E così è accaduto. I giffoner hanno raccolto l’invito, lasciando decine di biglietti, pensieri, confessioni. Dolori profondi: il vuoto di un’adozione, la paura di fallire, un lutto mai elaborato, un amore che fa male. Ma anche il desiderio ostinato di restare umani. Di condividere, di sentirsi meno soli.

Perché questa è la vera rivoluzione: riconoscersi fragili, sbagliati, imperfetti, e nonostante tutto, continuare a lasciare tracce d’amore. Anche nei giorni peggiori.

E oggi, tra le colline di Giffoni, un seme è stato piantato. Un seme bianco, come il vestito di Ambra, come una pagina da scrivere ancora. Una rivoluzione che non fa rumore, ma cambia tutto.

Di Martina Bernardo

Vengo da un galassia lontana lontana... Appassionata di cinema e serie tv anche nella vita precedente e devota ai Musical