F1 The Movie non è solo uno spot da due ore e mezza: è un’ode rovente al rombo dei motori di una volta, quando a domare la monoposto non era un software calibrato al millesimo, ma il coraggio feroce di uomini come Ayrton Senna, Niki Lauda, James Hunt o il fidato Michael Schumacher.

Sì, i marchi lampeggiano ovunque e la storia è cucita sulla Formula 1 moderna, ma a ogni curva senti l’odore d’olio bruciato che evocava le piste anni ’80‑’90, quando il lavoro “sporco” lo faceva il pilota — non i sensori, non la telemetria, non le mappature di potenza.

Diretto da Joseph Kosinski (lo stesso di Top Gun: Maverick) su sceneggiatura di Ehren Kruger, il film sa essere un vortice di adrenalina. Ci mostra l’ennesimo trionfale ritorno dell’ex campione Sonny Hayes (un Brad Pitt magnetico), ma in filigrana racconta anche la nostalgia di un’epoca in cui si vinceva col polso che tremava per la fatica e non con un pulsante sul volante. Quando l’amico d’un tempo Ruben (Javier Bardem), ora team principal dell’APXGP, lo richiama ai box per salvare la squadra dai debiti, Sonny rientra in pista — e sembra di vederlo scivolare di nuovo in un paddock popolato dai fantasmi di Imola ’94 o del Fuji ’76.

Il film non lo diresti dal trailer, ma è divertentissimo e travolgente come una partenza al semaforo: le risate si incastrano negli attimi di tensione, le scene di gara ― girate con camera‑car da pelle d’oca ― ti riportano a quei pomeriggi in cui Senna tirava staccate impossibili sotto la pioggia. Dietro al duello fra Sonny e il rookie Joshua “JP” Pearce (Damson Idris) non c’è solo rivalità: c’è il confronto tra due generazioni, tra l’istinto puro dell’“uomo‑motore” e l’eleganza chirurgica del pilota cresciuto a simulatori.

La chimica fra i personaggi vibra: Brad Pitt porta in scena un ex campione che sente ancora la benzina pulsargli nelle vene; Damson Idris sfodera la sfrontatezza di chi vuole riscrivere le regole; Kerry Condon, nei panni dell’ingegnera Kate, è l’anima calda che tiene in equilibrio i due titanici ego, ricordando loro (e a noi) che dentro quelle carrozzerie urlanti battono cuori umani, non circuiti.

E poi ci sono le corse. Ogni volta che le luci rosse si spengono, il tempo si ferma: il montaggio di Stephen Mirrione alterna cockpit, muretti, occhi strizzati dietro le visiere, e pare di urlare “Go, go, go!” come ai tempi di Murray Walker. La colonna sonora di Hans Zimmer scivola dallo stridio dei violini a silenzi laceranti, lasciando che sia il ringhio del V10 — quello immaginario del passato — a scuoterti lo sterno.

Il risultato? Un film‑tributo che, pur immerso nella patina lucente del marketing contemporaneo, trasuda passione per la Formula 1 dei cavalieri del rischio. Anche chi non ha mai guardato un Gran Premio per intero può finire a battere le mani quando Sonny e JP, finalmente, si capiscono col linguaggio univoco dei campioni: quello della velocità assoluta, dove contano solo il coraggio e la sensibilità meccanica, non la sofisticazione elettronica.

Forse F1 The Movie spinge il brand oltre il limite, ma riesce a farlo con un’anima che pulsa a 18 000 giri. È cinema da circuito: viscerale, romantico, e soprattutto nostalgico di un’epoca in cui il pilota combatteva con il sudore, il cambio ad H e la paura in fondo al casco. Se Ami la Formula 1, quella vera, preparati: sentirai di nuovo l’odore di gomma arroventata… e ti ricorderai perché te ne sei innamorato.

Lascia un commento