Nel panorama delle serie italiane disponibili su Netflix, Sara – La donna nell’ombra si distingue per la sua capacità di fondere la tensione del thriller con la profondità del dramma interiore.

Basata sulla serie di romanzi di Maurizio de Giovanni, autore già noto per il successo de Il commissario Ricciardi e I bastardi di Pizzofalcone, la serie porta in scena la figura di Sara Morozzi, ex agente dei servizi segreti, donna silenziosa, attenta, invisibile agli occhi degli altri ma capace di vedere tutto. A interpretarla con misura e intensità è Teresa Saponangelo, che dà volto e anima a una protagonista non convenzionale: un’investigatrice fuori dagli schemi, senza armi né potere ufficiale, ma con una mente affilata e una determinazione che nasce dal dolore. La trama prende avvio con la morte del figlio di Sara, un evento traumatico che fa riemergere fantasmi del passato e riattiva in lei una sete di giustizia sopita ma mai estinta. La vicenda si snoda tra Roma e Napoli, dove Sara si ritrova coinvolta in un’indagine che mescola ombre istituzionali, verità scomode e legami personali, affiancata dall’amica ed ex collega Teresa, interpretata da una sorprendente Claudia Gerini, e dal giovane ispettore Pardo (Flavio Furno), che rappresenta il ponte con il presente e con un modo diverso di concepire la giustizia.

La regia è affidata a Carmine Elia, già noto per Mare fuori, e si nota subito l’impronta stilistica: ritmo serrato ma non frenetico, attenzione ai dettagli e grande cura visiva. Ogni episodio, sei in tutto, costruisce un tassello del passato di Sara, alternando flashback dolorosi e colpi di scena. L’atmosfera è cupa, ma mai artificiosa: le location urbane sono usate con intelligenza e la fotografia sottolinea il tono malinconico e sospeso della storia. I punti di forza della serie risiedono soprattutto nella scrittura dei personaggi, profondamente umani e mai stereotipati. Sara è una figura affascinante proprio per la sua ambiguità: non è una giustiziera, né un’eroina classica, ma una donna segnata dalla perdita, che trova nella verità l’unico modo per rimanere viva. L’interpretazione di Saponangelo è sobria e potente: il suo silenzio dice più delle parole. Gerini, da parte sua, si libera dei ruoli più brillanti che l’hanno resa famosa per offrire una Teresa ruvida ma leale, mentre il cast di supporto – da Massimo Popolizio ad Antonio Gerardi – arricchisce la narrazione con presenze solide e credibili.

Tuttavia, non mancano alcune criticità: il ritmo narrativo non è sempre omogeneo, con alcuni episodi che procedono più lentamente, e l’intreccio a tratti si appoggia a soluzioni già viste nel genere crime, soprattutto per quanto riguarda la dinamica dell’indagine e i rapporti istituzionali. Inoltre, chi ha letto i romanzi potrebbe notare alcune semplificazioni o tagli rispetto alla complessità dell’opera letteraria originale, in particolare nella trasposizione dei pensieri e del mondo interiore di Sara, che nei libri è ricco di sfumature e ambiguità morali. Nonostante ciò, l’adattamento televisivo riesce a conservare lo spirito della saga: un noir psicologico in cui la protagonista non è mai solo un’investigatrice, ma una donna che cerca se stessa attraverso ciò che scopre negli altri. Sara – La donna nell’ombra non è una serie che punta al colpo di scena fine a sé stesso, ma preferisce scavare lentamente, con pazienza, nei sentimenti e nelle relazioni. È una serie sulla memoria, sul dolore che plasma l’identità, sul bisogno di giustizia che spesso nasce dall’assenza più che dalla presenza. E in questo senso riesce a lasciare un segno, soprattutto grazie a una protagonista rara nella serialità italiana: una donna che ha vissuto nell’ombra, ma che proprio da quell’ombra trae la sua forza.

Uno degli aspetti più interessanti di Sara – La donna nell’ombra è il modo in cui la produzione ha scelto di rappresentare l’universo narrativo di Maurizio de Giovanni. I romanzi da cui la serie è tratta – pubblicati da Rizzoli tra il 2018 e il 2023 – compongono un ciclo a parte rispetto agli altri protagonisti dello scrittore Napoletano, ma ne condividono l’impronta malinconica e la predilezione per personaggi feriti. Sara Morozzi, nei libri, è una donna quasi invisibile per scelta, ex agente dei servizi segreti che ha fatto della sparizione la sua specialità: riesce a osservare senza farsi notare, a leggere il linguaggio dei corpi, a cogliere ciò che sfugge agli occhi degli altri. Nella serie, questo tratto viene mantenuto ma adattato in chiave più televisiva, alleggerendo alcune delle riflessioni interiori che nei romanzi costituiscono gran parte della narrazione.

Le sequenze più contemplative, nel libro affidate al pensiero silenzioso della protagonista, sono sostituite da dialoghi e interazioni, necessari per dare ritmo allo schermo ma inevitabilmente meno profondi rispetto alla pagina scritta. Ciononostante, la serie riesce a cogliere lo spirito del personaggio: Sara è ancora quella donna piena di cicatrici, costretta a confrontarsi con il proprio passato per dare un senso al presente. Il rapporto con il figlio, che nei libri è centrale per la sua identità e per il senso di colpa che la tormenta, è reso con delicatezza anche nella serie, attraverso flashback e frammenti di memoria. Un altro elemento degno di nota riguarda le location: molte delle scene sono state girate a Napoli, città natale dello scrittore, e a Roma, dove si ambientano le operazioni più istituzionali. Questa dualità geografica è anche simbolica: da un lato la città del cuore e delle emozioni, dall’altro il potere, la burocrazia, il silenzio degli apparati.

La regia di Carmine Elia – già alla guida di titoli come La porta rossa e Mare fuori – si dimostra all’altezza della sfida, giocando con luci e ombre per restituire la dimensione interiore del personaggio. Le curiosità non mancano: alcune scene sono state girate in ambienti reali come vecchi uffici dismessi dei servizi, e diversi episodi fanno riferimento a tecniche di sorveglianza e linguaggio corporeo realmente utilizzati in ambito spionistico, frutto della consulenza sul set di ex membri delle forze speciali. Interessante anche il lavoro fatto sulla fisicità dell’attrice protagonista: Teresa Saponangelo ha lavorato per rendere il corpo di Sara “neutro”, privo di movimenti superflui, con uno sguardo sempre vigile ma apparentemente distratto, proprio come nei romanzi. In definitiva, pur semplificando alcune complessità del testo originale, Sara – La donna nell’ombra riesce a rendere omaggio a una delle figure più affascinanti create da de Giovanni, trovando un equilibrio tra fedeltà letteraria e necessità televisive. È una serie che invita a guardare oltre la superficie, dentro quella zona d’ombra da cui a volte emerge la verità più dura, ma anche più autentica.

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